Intervista a Gavin Gough, fotografo umanitario

Progetto Seedlight, Kenya
Progetto Seedlight, Kenya – © Gavin Gough

Questa settimana ho avuto il piacere di intervistare Gavin Gough, fotografo umanitario residente a Bangkok, che nelle prossime righe ci racconterà qualche aneddoto sulla sua vita e attività.


Quando e perché hai deciso di lasciare l’Inghilterra per vivere all’estero?

La prima volta che sono partito con l’idea di scattare fotografie in viaggio è stato nel 2003. Lavoravo come analista di sistemi, un ottimo lavoro, ma allo stesso tempo desideravo diventare fotografo. Mi sono reso conto che l’opportunità non si sarebbe creata da sola e se non avessi preso l’iniziativa, avrei continuato a lavorare in ufficio. Non è stato facile passare da un lavoro ben pagato, da impiegato con buone prospettive (e uno stipendio mensile!) a una carriera da freelance senza clienti, contratti e reddito. Pensandoci bene è stata una mossa ingenua e non consiglierei un cambiamento così drastico a nessuno, ma forse l’ignoranza è stata una benedizione in quella situazione.

Ho passato il primo anno in viaggio. Insieme alla mia ragazza abbiamo comprato biglietti per visitare tutto il mondo, ogni continente. Ho cercato di costruire un portfolio durante il primo anno e sono tornato a casa con abbastanza immagini da poter presentare  alle agenzie di stock. Durante quel lungo viaggio, mi sono innamorato di un sacco di posti. Tanti paesaggi affascinanti con una luce meravigliosa e una cultura incantevole.

Poi mi sono reso conto che se volevo aumentare le mie possibilità  come fotografo di viaggio, avrei dovuto compiere un passo decisivo,  uscire dalla mia zona di comfort e lasciare il Regno Unito. Così mi sono trasferito a Bangkok, e questa mossa nel tempo ha dato i suoi frutti.

Da quanto tempo lavori come fotografo? Hai iniziato con la fotografia analogica? È stato difficile passare al digitale?

Sono stato un fotografo professionista a tempo pieno per 16 anni e un appassionato dilettante per molti anni prima. Ho passato gran parte di quel periodo come fotografo analogico e sono passato al digitale nel 2003/2004. Continuo a scattare con pellicola occasionalmente, soprattutto per progetti personali, mi piace la disciplina che impone. Mi piace anche la fotografia digitale. Sia l’analogico che il digitale sono mezzi che servono a raggiungere un fine e gli strumenti non contano quanto il raggiungimento dello scopo.

Disordini politici e civili in Thailandia
Disordini politici e civili in Thailandia – © Gavin Gough

Qual è l’obiettivo che usi di più? Perché lo preferisci?

Non ho un obiettivo preferito. Recentemente ho ridotto il numero di lenti che porto con me. Prima usavo fotocamere Canon EOS con una varietà di obiettivi da 16 mm a 200 mm, compresi 50 mm, 85 mm e altri a focale fissa. Ora uso fotocamere Leica M con obiettivi a telemetro. Preferisco ottiche con aperture ampie e spesso lavoro a f/1,2, f/1,4 e f/2,0. Ho preso la regola del vecchio giornalista fotografico “F/8 and trovati sul posto” e l’ho aggiustata di qualche f/stop.

Sono sicuro che un buon fotografo può produrre un lavoro interessante con qualsiasi macchina fotografica. Trovare lo strumento giusto può rendere il processo più facile e vale sicuramente la pena dedicare tempo alla ricerca di una macchina con cui ci si senta più a proprio agio, ma penso che dovremmo resistere alla tentazione di credere che siano gli strumenti a fare l’arte. Ho visto arte creata con macchine semplici ed economiche che è riuscita a toccarmi il cuore e ho visto lavori banali e dimenticabili realizzati con attrezzature che costano decine di migliaia di dollari.

Film? Digitale? Fotocamere? Lenti? Sono tutti aspetti poco rilevanti. Dovremmo parlare invece di intenzione, integrità, prospettiva ed emozione.

Qual è il tipo di fotografia che meglio ti rappresenta?

Credo che i generi non ci rappresentino bene. Ho colleghi che si possono sicuramente definire fotografi di moda o architettura, ma questo è dovuto soprattutto ai soggetti che fotografano. Tutto in fotografia si traduce nell’osservare e mostrare ciò che vediamo in un formato condivisibile con gli altri. Sperando di riuscire a comunicare qualcosa sulla nostra esperienza.

Quindi, per facilitare le cose agli altri e a vantaggio dei motori di ricerca su internet, mi riferirò a me stesso come fotografo di viaggi o fotografo editoriale. Alcune persone usano la frase fotografo umanitario e molti dei miei clienti sono ONG. Ma le etichette sono limitative. Faccio ritratti, ma anche paesaggi naturali e urbani. Lavoro su incarichi giornalistici ed editoriali e anche a progetti sociali, di sviluppo e umanitari a lungo termine. Di qualunque soggetto o stile si tratti, mi attrae la fotografia che racconta e trasmette qualcosa sulla condizione umana. Come anche la fotografia che mi rivela qualcosa del mondo che altrimenti non sarei riuscito a vedere.

Children in Nepal
Cawst e Enpho a Nuwakot, Bagmati, Nepal – © Gavin Gough

Raccontami qualcosa di più sul tuo lavoro come fotografo umanitario.

Mi piace lavorare con le ONG. C’è una quantità enorme di lavoro davvero importante che viene portato avanti in tutto il mondo, dalle grandi agenzie delle Nazioni Unite fino a progetti locali estremamente dinamici e gestiti da poche persone. Penso che il lavoro delle ONG mi permetta di vedere il meglio della natura umana. Anche se le situazioni possono essere impegnative e spesso le persone che vengono sostenute dalle ONG vivono enormi difficoltà e sofferenze, lavorare insieme a persone determinate ad ottenere risultati migliori per aiutare gli altri è molto stimolante.

Gavin Gough a Calcutta, India
Gavin Gough a Calcutta, India

Di cosa si tratta? Con chi collabori? Qual è l’incarico più difficile che hai dovuto svolgere durante la tua carriera?

Ho lavorato con diverse ONG. In genere, si tratta di un evento o una storia in particolare che un’agenzia desidera evidenziare. Per esempio, potrei lavorare con una ONG che sta installando soluzioni per l’acqua potabile in un nuovo territorio o con un’agenzia che ha bisogno di supporto per un aspetto specifico del suo lavoro.

La parte più impegnativa della mia attività è documentare le conseguenze di calamità naturali. Di solito c’è un breve lasso di tempo in cui le organizzazioni giornalistiche comunicano notizie su un disastro. In quel periodo, in genere, lavoro per le agenzie di stampa. Esiste poi una fase successiva, quando le ONG si danno da fare per ripristinare i servizi, fornire cure mediche e ricoveri ai sopravvissuti. Questa non attira tanto l’attenzione dei media, ma è spesso il momento in cui verranno alla luce le storie più gratificanti. Ho fotografato le conseguenze immediate del terremoto del 2015 in Nepal, per esempio, e sono ancora coinvolto con le ONG che sostengono i sopravvissuti, il lavoro non è ancora finito.

Una donna cammina tra le macerie, Kathmandu
Una donna cammina tra le macerie, Kathmandu – © Gavin Gough

 

Cercando tra le macerie dopo il terremoto, Kathmandu
Cercando tra le macerie dopo il terremoto, Kathmandu – © Gavin Gough

Dove vengono pubblicate le tue foto?

Il mio lavoro è rappresentato da Getty Images e 4Corners. Le immagini stock sono utilizzate in diversi canali e formati: pubblicità, libri e siti web in tutto il mondo. Le fotografie realizzate su commissione sono ovviamente utilizzate solo dal cliente a fini promozionali.

Tearsheets Gavin Gough

 

Quali fotografi ti hanno influenzato di più?

Don McCullin è il fotografo che ammiro da più tempo. Quando sono partito da casa e mi sono trasferito in Asia, ho portato con me solo due libri, uno era la sua autobiografia, “Unreasonable Behaviour“. Ho seguito con grande interesse anche la carriera di Steve McCurry, ma il fotografo il cui lavoro mi toglie il fiato è William Albert Allard. Consiglio sempre agli studenti e a qualsiasi fotografo in cerca di ispirazione il suo libro retrospettivo: “Five Decades“.

Che suggerimento daresti a un fotografo che vuole intraprendere una carriera come la tua, da libero professionista?

Non è una carriera da seguire se sei interessato a fare un sacco di soldi. E’ gratificante in altri modi, ma nessuno diventa un fotografo editoriale per arricchirsi. La fotografia di moda e pubblicitaria potrebbe essere una strada migliore per una carriera economicamente gratificante, ma non sono la persona a cui chiedere di questo.

Il miglior consiglio che abbia mai ricevuto viene da Neil Gaiman. Spiega che i redattori vogliono tre cose dai freelance:

1. Produrre un magnifico lavoro.
2. Consegnare in tempo. 
3. Essere una persona piacevole con cui trattare.

E il segreto è che i freelancer possono farla franca con due su tre:

  • Se siete amabili nelle relazioni e presentate un ottimo lavoro, i redattori potrebbero perdonarvi per non aver rispettato una scadenza;
  • Se siete sempre puntuali e il vostro lavoro è eccellente, i redattori potrebbero ignorare la vostra cattiva attitudine;
  • Se mantenete buone relazioni e non consegnate mai in ritardo, i redattori continueranno a considerare la possibilità di lavorare con voi.

Naturalmente, i freelance che vengono chiamati per primi sono quelli che offrono un eccellente lavoro, in tempo e al tempo stesso costruiscono relazioni amichevoli. Questa è la verità, semplice ed effettiva, sul lavoro del freelance.

Un ultimo consiglio ricevuto e da cui traggo grande rassicurazione è quello del “gusto e della perseveranza” di Ira Glass, che è meglio ascoltato da lui in persona.

Bambini partecipano a un workshop fotografico Seedlight in Kenya
Bambini partecipano a un workshop fotografico Seedlight in Kenya – © Gavin Gough

Organizzi workshops? Come si può partecipare?

Sì, ho organizzato workshop fotografici in India, Nepal, Thailandia, Cambogia, Vietnam, Malesia. etc. Mi piace molto lavorare con i fotografi nei workshop ed è gratificante vederli creare alcuni dei loro migliori lavori durante questa attività.

I fotografi che si iscrivono alla mia newsletter saranno sempre i primi a sapere quando vengono annunciati nuovi workshop.


 

Gavin Gough photographer

Gavin Gough, fotografo umanitario residente a Bangkok, Tailandia.

www.gavingough.com

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about nicholas tinelli

Sono Nicholas, un fotografo di viaggi e ritratti con passione per la scrittura.

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