Per questa intervista voliamo in Italia per conoscere Alessandro Bergamini, fotografo e tour leader dedicato a ritratti, culture e tradizioni dall’Asia.
Come nasce la tua passione per il viaggio e la fotografia?
La passione per il viaggio nasce da una costante curiosità e il desiderio di scoprire il mondo.
Ho sempre desiderato viaggiare e mi appassiona il fatto di riuscire ad immergermi completamente nelle culture dei posti che visito, vivendo la giornata insieme alle persone che incontro, che mi aprono la porta di casa, instaurando un contatto umano, mostrandomi parte della loro vita.
Questa possibilità di avvicinarmi a persone che non conosco, con una cultura così diversa dalla mia, è il motivo che più mi spinge a fotografare.
Cosa cerchi in un ritratto?
Una storia: molte delle etnie che fotografo stanno pian piano scomparendo.
Nei ritratti cerco autenticità, bellezza e la possibilità di raccontare una storia, di trasmetterla al pubblico.
Uno dei tuoi ritratti preferiti e la storia dietro a questa fotografia.
Difficile rispondere, ci sono tante foto che amo per tantissime ragioni.
Una di queste è sicuramente il ritratto degli occhi della donna indiana con il volto coperto, che ho incontrato casualmente mentre mi stava superando in scooter in una strada a Pushkar.
Le ho chiesto il permesso di fotografarla e ci ha invitati nella sua casa. Poco più tardi, ci ha raggiunto anche la figlia, che aveva gli stessi occhi (se non ancora più belli!).
E così, per un caso fortuito, sono stato ospite di questa famiglia e ho scattato due dei ritratti che finora mi hanno dato maggiore soddisfazione.
Che lente utilizzi per ritrattare?
Viaggio con due macchine fotografiche, una monta un 35 mm e l’altra un 85 mm: non li cambio mai.
Trovo che avere poche ottiche, già calibrate per quello che voglio fare, sia la soluzione migliore. Posso concentrarmi sulla fotografia, senza perdere tempo e magari rischiare di perdere una buona occasione con un soggetto.
Usi solo luce naturale?
Uso quasi unicamente luce naturale con lenti molto luminose.
Raramente, in situazioni come nelle tende in Siberia, in scarse condizioni di luminosità, ho provato a utilizzare un faretto.
Preferisco di gran lunga la luce naturale!
3 fotografi che ti hanno ispirato lungo il cammino.
Sicuramente Steve McCurry è il primo nella lista e quello a cui agli inizi mi sono maggiormente ispirato per la costruzione delle fotografie, gli abbinamenti cromatici e la capacità di immortalare attimi unici.
Jimmy Nelson per la spettacolarità e la capacità di rendere quasi moderne culture antichissime, rendendole in un certo senso teatrali, con molti dettagli dei loro costumi e dell’ambiente in cui vivono.
Sebastião Salgado per la fortissima componente emotiva, impattante, e la forza comunicativa.
Parlami di “Humanity”, il libro che hai pubblicato di recente.
Humanity è una tappa importantissima per me, un piccolo sogno che si avvera. E’ la raccolta di anni di viaggi, fatiche, emozioni, prove, e devo dire che ne sono davvero entusiasta!
Quali sono i prossimi viaggi fotografici in programma?
Appena si potrà, ho già due viaggi con posti esauriti per la Siberia e lo Zanskar, in più sto preparando una proposta nuova per la Mongolia e un’altra per il Sudan del Sud.
Insomma, spero davvero che ci diano il via libera molto presto!